Due eventi segnarono il destino di Otranto e dei suoi abitanti nel tragico anno del 1480.
Il primo fu la caduta di Costantinopoli in mano turca nel 1453 con la conseguente ascesa della politica espansionistica di Maometto II. Il secondo fu la pace stipulata nel 1479 dalla Serenissima Repubblica di Venezia con lo stesso Maometto, dopo anni di estenuanti e sanguinosi conflitti. I Turchi, consapevoli delle difficoltà in cui si trovavano gli Aragonesi nel sud d'Italia, e contando sul non intervento dei veneziani approfittarono dell'occasione e allestirono un poderoso esercito. Gedik Ahmed Pascià salpò da Valona con una flotta di novanta galere, quaranta galeotte e quindici maone al comando di 18.000 uomini.
I Martiri di Otranto
La battaglia di Otranto è il nome con cui è conosciuto il combattimento nell'omonima città salentina del 1480, quando un esercito ottomano, in realtà diretto a Brindisi, ma dirottato più a sud da un forte vento di tramontana attaccò la cittadina allora appartenente agli Aragonesi. Il luogo dello sbarco avvenne su una spiaggia a nord di Otranto che prese il nome proprio da quest'avvenimento tutt'oggi chiamata baia dei turchi. La città fu posta sotto assedio per circa due settimane e i suoi abitanti si rifugiarono all'interno delle mura resistendo e respingendo con vigore le offese. Una volta, però, che i turchi riuscirono ad aprire una breccia, gli otrantini (per la maggior parte disarmati) non riuscirono a contenere la furia degli invasori soccombendo sotto i colpi di scimitarra. I bambini più fortunati furono presi e portati in Turchia per fare da schiavi, altri furono violentati e uccisi con le donne, altri ancora dovettero subire tremende mutilazioni.
Al termine della battaglia, il 14 agosto 1480 furono decapitati sul colle della Minerva 800 otrantini che si erano rifiutati di rinnegare la religione cristiana: sono ricordati come i Beati martiri di Otranto, le cui reliquie sono custodite nella cattedrale del paese.
In seguito alla battaglia e all'invasione degli ottomani, andò distrutto il monastero di San Nicola di Casole, che ospitava allora una delle biblioteche più ricche d'Europa.